casa di reclusione san michele
News

Intervista ad un collaboratore di giustizia inserito nei progetti ICS

casa di reclusione san micheleOggi vogliamo parlarvi di un intervento davvero speciale che portiamo avanti all’interno della casa di reclusione San Michele, e lo facciamo attraverso il racconto di uno dei nostri beneficiari.

Al centro di ogni nostra iniziativa, ci sono le persone e sono proprio loro a partecipare attivamente alla buona riuscita di ogni progetto.
Occuparsi degli altri non vuol dire solo aiutarli a soddisfare i loro bisogni primari, ma anche e soprattutto dare loro dignità e renderli parte attiva delle nostre attività.

Spesso succede che le nostre intenzioni di insegnare si trasformino in preziose occasioni di apprendimento e parlare con uno dei nostri collaboratori di giustizia vi lascerebbe proprio questa sensazione.

Giovedì sera ne abbiamo incontrato uno, a distanza, che ha deciso di cambiare vita nove anni fa. Non troverai alcuna informazione sul suo passato perché vogliamo focalizzare l’attenzione sul suo percorso di reinserimento sociale con l’associazione e sui suoi progetti di vita.

 

Ciao, mi racconti come è iniziata la tua esperienza con ICS?
Con Giovanni, uno dei docenti volontari, facevamo lezioni di storia dell’arte, ma ti parlo di 5 o 6 anni fa e ci spiegava tutto nel dettaglio, un po’ mi annoiavo, ma lo ascoltavo quando spiegava i dettagli dei quadri perché a me piacciono i dipinti.

Quali sono le attività all’interno del carcere?
Marina, una docente di greco e latino ci parlava di storia antica. Il dottor Vittorio in passato è venuto in carcere a farci lezioni sulla corretta alimentazione da seguire, insieme a lui un’altra volontaria Elisabetta ci ha fatto fare yoga della risata, una cosa che non conoscevo, ma è rilassante. Paola, invece, è un’avvocatessa e viene in carcere da qualche anno e contemporaneamente ci dà una mano con qualche suggerimento legale.

Con Mara abbiamo fatto un laboratorio emozionale che affrontava la tematica della violenza sulle donne, dal quale abbiamo tratto una rappresentazione teatrale. Con Raffaella, invece, il laboratorio di teatro era focalizzato sul racconto della storia di ognuno di noi e sul passaggio dalla carriera criminale alla scelta della collaborazione con la giustizia. Successivamente abbiamo registrato le nostre voci per cercare di produrre un lungometraggio che vuole mandare un messaggio contro la devianza criminale.

Abbiamo anche partecipato al Salone del Libro con il progetto “Adotta uno scrittore”. Ricordo il giornalista Mario Calabresi e l’ultima visita è stata quella dell’avvocata e attivista Chaty La torre, che si occupa dei diritti della comunità LGBTQIA+. Per due anni, per colpa del covid, queste attività sono state svolte a distanza. Quest’anno speriamo di ripartire in presenza, il nostro scrittore adottato sarà Tiziano Scarpa e l’obiettivo è di riportare gli studenti in carcere.

Adesso circa 15 di noi studiano da privatisti per ottenere il diploma, facciamo ragioneria e 4 o 5 studiano per diventare geometri. Con Anna studiamo economia, con Valentina italiano, e con Monica diritto. Giovanna fa scienze motorie, avevamo un campetto di calcio, ma ora lo hanno dichiarato inagibile e non possiamo più usarlo. Spero comunque di terminare gli studi fuori dal carcere.

Mi sembra che l’attività di teatro sia quella che più ti ha colpito, vero?
Sono sensazioni nuove, come mai provate, vedi i ragazzi delle scuole, sono sensazioni nuove indescrivibili, ti metti in gioco e capisci che non devi più sbagliare.

Attraverso lo spettacolo cerchiamo di far capire ai ragazzi, che spesso sono alla ricerca di cose materiali e vogliono le migliori scarpe firmate, che le cose materiali non servono e non vale la pena sbagliare.
Per lo spettacolo di Mara, abbiamo recitato dietro ad un telo e lo abbiamo alzato solo a fine spettacolo perché provavamo vergogna. Prima di diventare collaboratori di giustizia avevamo uno status come persone che ora non esiste più, quindi sale la vergogna. Ora percepisco le emozioni delle altre persone.

C’è altro che ti viene in mente delle cose che fate in carcere?
Ludovica e Federica hanno fatto con noi degli incontri di gruppo in cui abbiamo avuto la possibilità di confrontarci apertamente. Prima avevo il problema di parlare davanti a qualcuno, invece lì potevo trasmettere le mie emozioni.
Oggi è difficile l’ascolto, tutti vogliono raccontarsi.

E cosa mi dici della vita fuori?
Vorrei uscire dal programma di protezione.
Devo ancora imparare a vivere con uno stipendio, metto da parte un po’ del contributo che ci danno dentro, ma devo imparare a dosare le spese perché mia moglie vive un mese con gli stessi soldi che spendo io quando esco, mi piace fare regali a lei e ai miei figli. Non bado a spese per fare la spesa per mangiare, questo era un insegnamento di mio padre, che non ha mai avuto a che fare con la malavita. A casa faccio una pizza buonissima.

Parlando di alcuni momenti di vita quotidiana fuori, ci racconta:
L’altro giorno sono andato a cambiare i tergicristalli dell’auto di mia moglie, ho chiesto aiuto e il signore con cui stavo parlando mi fissava e non diceva nulla, ma io non so come si fanno queste cose, non l’ho mai fatto. Dovevo anche controllare la pressione delle ruote e a malo modo mi ha invitato a leggere un cartello su cui c’era scritto il prezzo per il servizio, non pensavo si pagasse.
Da dove vengo io non si pagano alcuni servizi, qui si paga tutto, devo ancora abituarmi.

Prima mi hai detto che il passato non interessa, meglio trasmettere l’insegnamento che ha lasciato, cosa pensi di poter insegnare ai ragazzi?
Ho fatto tutto questo per darmi una seconda possibilità e seguo le leggi.
Saltare la fila in ospedale, per esempio, non è giusto. Un giorno mi trovavo in ospedale e ho sentito un medico parlare al telefono dicendo a qualcuno di portare un paziente direttamente da lui perché lo avrebbe fatto passare davanti agli altri, e volevo dirglielo che non era giusto, avrei voluto intervenire. La raccomandazione non è giusta, ogni persona ha un prezzo per essere corrotta, ma dipende tutto da noi. Le cose possono cambiare solo se si parte da noi stessi, se noi diciamo no.

Come hai detto, le raccomandazioni esistono, allora qual è il beneficio di fare una vita in nome della legalità? Qual è il beneficio per i ragazzi?
Ti senti bene con te stesso, ti senti pulito nell’anima, puoi dormire più sereno.
I raccomandati passano davanti a chi fa sacrifici, se ognuno fa la sua parte, si può vivere in un altro modo.

Parlando delle prossime attività di ICS ETS, che prevedono un percorso di elaborazione delle emozioni e delle relazioni, dice:
Se qualcuno dovesse fare qualcosa di sbagliato a mio figlio, per esempio, ora denuncerei, prima avrei picchiato. Nessuno meglio della mia famiglia sa quanto sono cambiato, come ero e come sono adesso, che seguo le regole della società civile.

Ti faccio vedere il libro che sto leggendo, si intitola Come trattare gli altri e farseli amici, ora l’ho passato anche a mio figlio. Rinnova gli schemi mentali, ti insegna come trattare le persone senza arroganza, come prenderle senza imporsi, senza collisioni, creando un rapporto equo.

 

Oltre a raccontarti questo momento di condivisione, crediamo sia importante dirvi cosa leggiamo tra le righe. C’è una cosa che si evince da questa chiacchierata, il percorso rieducativo che ha condotto su sé stesso. Dal modo in cui parla capiamo che ha ascoltato, ha imparato, ha cambiato vedute, ha lavorato per arrivare a questo punto.

Ha anche parlato con chiarezza e schiettezza di alcuni problemi esistenti all’interno del carcere, anzi delle carceri italiane. Manca personale, non c’è sufficiente tempo dedicato al lavoro di terapia psicologica, e di fronte ad alcune problematiche si preferisce l’uso inibitorio di psicofarmaci, piuttosto che un percorso che affronti realmente i problemi alla radice.

Noi ci proviamo, proviamo ad essere proprio lì, in quegli interstizi lasciati dalle istituzioni.

Crediamo in una società in cui ogni persona venga trattata con rispetto e, oltre a poter esercitare i suoi diritti fondamentali, ha a disposizione gli strumenti per migliorare sé stessa e la propria vita.

Potenziare gli strumenti di rieducazione e di reinserimento sociale dei detenuti è fondamentale, rappresenta il modo più efficace per contrastare la recidiva dei reati.

Come scrivevamo all’inizio, possiamo imparare molto dai nostri beneficiari perché capiamo i loro bisogni e esigenze e, a fronte di questo, possiamo proporre corsi che siano realmente utili al loro reinserimento sociale.

Solo grazie ai numerosi professionisti che decidono di mettersi in gioco riusciamo ad offrire a queste persone, che hanno fatto una scelta di vita coraggiosa e piena di riscatto, gli strumenti migliori per una vita migliore.

Lascia un commento

Il tuo commento
Tutti i commenti vengono moderati prima della pubblicazione.